C’è una buona notizia e ce n’è una cattiva.
Quella davvero “gustosa” è che un istituto di ricerca tedesco, Idh Institute for Diet and Health ha pubblicato uno studio su una rivista scientifica con revisione tra pari (peer-reviewed) il quale afferma che l’aggiunta di cioccolato amaro a una dieta ipocalorica permette di dimagrire in modo più rapido.
I ricercatori si sono avvalsi di un gruppo di volontari che hanno anche riportato diversi benefici soggettivi di questa nuova dieta. La piacevole notizia è stata ripresa negli ultimi mesi da diversi mezzi d’informazione mondiali, per esempio sulla prima pagina di Bild, che è il quotidiano più letto in Europa, ed è stata diffusa in almeno 20 paesi e in 12 lingue diverse. In Italia, tra le testate nazionali, c’è cascato L’Espresso.
La cattiva notizia però, è che nonostante tutto quello che è scritto sopra sia vero, non c’è alcuna evidenza che il cioccolato possa davvero aiutare a dimagrire.
Peter Onneken e Diana Löbl, due cineasti tedeschi hanno contattato il giornalista scientifico John Bohannon, che è famoso per aver inviato uno studio farlocco a circa 300 riviste scientifiche del tipo “paghi e pubblichi cosa vuoi”. Negli ultimi anni, l’uso improprio di metodi di valutazione quantitativa della ricerca scientifica (tanti articoli= bravo scienziato, non importa cosa c’è scritto) ha causato un fiorire di riviste che, dietro un pagamento per coprire i costi di produzione, eseguono una revisione tra pari in modo molto superficiale, per non dire nullo. Bohannon aveva scelto come vittime circa 300 riviste del tipo “open access” e più della metà hanno accettato il suo studio in modo acritico. La storia è stata pubblicata su Science.
Ecco la nuova idea. Onneken e Löbl sono andati da Gunter Frank, un dottore tedesco famoso per i suoi libri sulla pseudoscienza delle diete. Hanno reclutato 16 volontari vicino Francoforte. I partecipanti allo studio (pagati 150 euro e all’oscuro dello scopo reale) hanno accettato di essere filmati nel documentario che è stato prodotto. Qui inizia la parte più inquietante della vicenda. Una volta stabilito che nessuno avesse condizioni gravi, i partecipanti sono stati suddivisi in modo casuale in tre gruppi: uno ha seguito una dieta ipocalorica, il secondo la stessa dieta ipocalorica con l’aggiunta di 35 grammi di cioccolata il giorno, e il terzo una dieta normale. Durante lo studio, sono stati monitorati ben 18 parametri. Dopo tre settimane sono stati raccolti i dati. Risultato? I soggetti nei gruppi con la dieta ipocalorica avevano perso peso rispetto al gruppo di controllo, ma quelli che avevano preso anche il cioccolato avevano perso peso il 10% più velocemente, e i valori del colesterolo erano migliorati!
Bisogna rimarcare che a parte la fantomatica istituzione e cambiare il nome del “professore”, nell’articolo tutti i dati scientifici riportati e le analisi corrispondenti sono reali. Nulla a che vedere con la vicenda degli effetti benefici del bicchiere di vino rosso al giorno, nella quale alcuni studi erano inventati di sana pianta.
Perché non è possibile trarre conclusioni da questi risultati? Perché lo studio era stato designato intenzionalmente per ottenere un qualsiasi dato positivo. Era statisticamente probabile che uno dei tanti parametri misurati migliorasse, guarda caso è stata la perdita di peso. Il trucco è stato quello di utilizzare un numero non significativamente grande di partecipanti, e sfruttare quelle che sono le semplici fluttuazioni statistiche per dimostrare una tesi. I giornalisti odiano numeri, formule o strutture chimiche perché la maggior parte dei lettori le ritiene noiose. Tuttavia, solo con esempi numerici si possono spiegare alcuni concetti. Se prendiamo un dado e lo lanciamo un numero grande di volte, ogni faccia si presenterà per circa 1/6 dei lanci. Tuttavia, se eseguiamo solo 6 lanci, sarà improbabile che avremo ciascun numero rappresentato. L’ipotesi più probabile è che un qualsiasi numero si ripeta due volte. Potremmo addirittura dimostrare che un numero a piacere sia più probabile degli altri, ad esempio il cinque. Basta eseguire diverse serie di sei lanci, e riportare solo quella in cui si ottengono due cinque dimenticandosi le altre. Questi sono i trucchi che utilizza chi vuole dimostrare una qualsiasi tesi (pochi risultati preliminari non statisticamente significativi), dall’effetto dimagrante di un nuovo ritrovato, dall’efficacia di un bibitone di vitamine e così via. E questi sono i trucchi che il documentario voleva svelare.
Kann man Medien wie @Bild und @FocusOnline wirklich jeden Unsinn verkaufen? Na klar. http://t.co/lGSzsAmzb8 pic.twitter.com/hqjbiSqnt8
— Stefan Niggemeier (@niggi) 27 Maggio 2015
Nonostante la notizia potesse essere smentita in modo semplice, il comunicato stampa, ben scritto, è stato ripreso da moltissimi mezzi d’informazione con un’unica significativa e frequente variazione: l’aggiunta di foto pornograficheggianti con sensuali corpi di donne per illustrare l’articolo. Nessuno dei numerosi giornalisti che ha preso contatto con il “professore” Johannes Bohannon (un nome che neppure esisteva su internet prima della creazione del sito) ha chiesto nulla riguardo al numero di partecipanti allo studio. Probabilmente pochissimi lo avranno letto. Forse, avrà giocato la mancanza di tempo e la pressione cui è sottoposto chi lavora nelle redazioni. La prima pagina di Bild ha messo in secondo piano controlli indipendenti. La scienza dell’alimentazione è una scienza a tutti gli effetti: la mancanza di verifiche da parte dei mezzi di informazione apre dei preoccupanti interrogativi riguardo alla qualità delle notizie, che gli autori del documentario hanno evidenziato. Tuttavia, molti commenti dei lettori pubblicati sui vari siti che sono cascati nella notizia farlocca erano giustamente critici, e alcune osservazioni erano ben motivate. I commentatori sono una risorsa preziosa per chi scrive e i blogger e giornalisti possono imparare moltissimo dai commenti.